Palermo, Monte Pellegrino fra storia e leggenda

Palermo, Monte Pellegrino fra storia e leggenda

Per i palermitani è la montagna sacra per eccellenza,  nel lontano passato avrebbe ospitato perfino i mitici giganti

Di Dario Coglitore

monte pellegrino palermo

Attraverso i secoli il Monte Pellegrino ebbe diversi nomi la cui origine rimane incerta.  I Greci lo chiamarono “Heirka”, perché questo monte isolato appare solitario. Polibio e Diodoro lo chiamarono Munitione e “LUOGO forte” a guisa di castello. Gli Arabi, lo denominarono “Gebel Grin”, ossia “Monte vicino”. I Normanni, Pellero. In un diploma del 1184 riportato dal Mongitore viene, infine, indicato col nome di Mons-Peregrino.

Rivolto ad occidente, sul litorale di PALERMO, questo strategico monte, un tempo lussureggiante, definito da Plinio “Rocca naturale”, sembra posto a difesa della città.  Amilcare Barca, padre di Annibale, se ne servì per assediare la città nel 246 a.C. sfidando il valore e la POTENZA dei Romani che non poterono mai espugnarlo, fino a quando Pirro re di Epiro, tre anni dopo, portandosi col suo esercito sul Monte, attraverso l’attuale Favorita e Mondello, ne scacciò i Cartaginesi.

Le pendici del monte sono costellate di numerose grotte, in particolare il litorale Addaura, e reperti archeologici hanno dimostrato insediamenti umani in epoca preistorica. Una vasta necropoli si estende alle falde del monte, sul quale furono rinvenute ossa di cadaveri giganteschi a sostegno della leggenda CIRCA la presenza nell’isola di giganti, esseri antidiluviani.

monte pellegrino 2

Furono anche rinvenuti sul monte alcuni tesori e, sotto le fondamenta di un’antichissima torre, fra le Medaglie Puniche ritrovate, ve n’è una relativa a Palermo, raffigurante in un lato la testa di un giovane coronata di alloro, e nel rovescio, con incise le lettere IIAN, una torre rotonda denotante un Cronio, ossia uno dei tanti castelli che Saturno, (secondo alcuni Cam, figlio di Noè), edificò nelle parti occidentali della Sicilia. Nel XVIII sec. se ne potevano ancora vedere le rovine in un’altissima cinta del monte chiamata Strafaccio.

La grotta che trovasi alla cima del monte è particolarmente NOTA per la sua sacralità, essendo stata sede di culto di divinità pagane autoctone sin da epoca preistorica. Il sito, dedicato da tempo in epoca cristiana a S. Rosalia, patrona di Palermo, era stato, nel periodo ellenico, consacrato ad Atena guaritrice e oracolare, già venerata a Pizzo Cannita con l’attributo di Cronia. Questo termine che indicava la controparte greca del dio fenicio Baal-Hammon, identificò Atena, attraverso un sincretismo religioso, con il nome di Tanìt durante il periodo cartaginese. Entrambe le dee originano, infatti, da una comune radice religiosa egizia e non è esclusa una loro identificazione con la nota figura d’Iside, che probabilmente ebbe il suo culto sul monte durante l’occupazione romana, e in seguito metamorfizzato in quello della Vergine Maria.

Il culto era avvalorato dalla presenza nella grotta di una sorgente ritenuta dal popolo miracolosa, così come la stessa roccia del monte. Convinzione questa, che si è tramandata fino ai nostri giorni attraverso la Magica Pietra di S. Rosalia venduta NELLE adiacenze del santuario, dove la santa sembra avere ereditato tutti gli attributi delle precedenti divinità.

Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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