Cani sacri: da Anubi ai cani di Adranos

Cani sacri: da Anubi ai cani di Adranos

“Chi ti pozzano manciari li cani!” E’ un’imprecazione siciliana, che si rivolge contro un malfattore per augurargli di venire sbranato da cani inferociti. Ebbene questo “augurio” affonda le radici nel mito e in particolare nel culto del dio Adrano. Come ci raccontano alcuni storici, sulle pendici dell’Etna, nei pressi dell’odierna Paternò, sorgeva un tempio con all’interno una statua che raffigurava il dio armato con una lancia, simbolo della potenza del vulcano.
Al tempio di Adrano, situato nei pressi del laghetto Naftia, accorreva una gran folla di fedeli, proveniente da ogni parte dell’isola.

La leggenda racconta che a custodire il tempio ci fossero numerosi cirnechi, cani da caccia tipici dell’Etna di origine egizia. La razza derivava dallo sciacallo sacro al dio Anubis. Questi cani erano così intelligenti da distinguere i buoni visitatori dai cattivi. Si mostravano accoglienti nei confronti dei fedeli accorsi al tempio con doni da offrire al dio, ma aggressivi e spietati nei confronti di chi si avvicinava al luogo di culto con l’intenzione di compiere razzie.

I cani del dio Adrano si avventavano contro gli spergiuri e i ladri intenzionati a fare bottino e li sbravanavo senza pietà. Da allora si augura la stessa sorte a tutti gli imbroglioni e malfattori.

Di essi ci parla soprattutto il filosofo e scrittore latino (che però scriveva in lingua greca) Eliano, vissuto tra il 165/170 cca e il 235 a.C.).
Secondo Eliano, in Sicilia, esisteva un tempio dedicato al dio Adranos, custodito da “non meno di mille cani” (animali sacri al dio).
Questi animali accoglievano i visitatori del tempio, dopodiché decidevano cosa fare di loro, in modo piuttosto drastico: se erano ubriachi li riaccompagnavano a casa, ma se erano ladri li sbranavano (da qui origina probabilmente l’imprecazione tipicamente siciliana ““Chi ti pozzano manciari li cani!”).
L’unica presunta immagine dei cani di Adranos è quella che troviamo su questa antica moneta:

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Sembrerebbe esserci una corrispondenza con i cani posti a guardia del tempio di Efesto: infatti Eliano, nella sua opera “ΠΕΡΙ ΖΏΩΝ ΙΔΙΟΤΗΤΟΣ” (tradotta in latino come “De Natura Animalium”), descrive in modo molto simile i cani di Adrano e quelli di Efesto.
Dei cani del tempio di Efesto, Eliano così racconta: “Nella città di Aitna (Etna), in Sicilia, è oggetto di culto particolare un tempio dedicato ad Efesto. Qui si trovano un recinto, alberi sacri e un fuoco inestinguibile, mai spento. Intorno al tempio e al bosco ci son segugi sacri che accolgono festosamente e scodinzolando coloro che accedono al tempio e al bosco sacro con animo umile e aspetto rispettabile. Come se li conoscessero, essi si mostrano benigni nei loro confronti; se invece entra qualcuno empio e con le mani macchiate da azioni esecrabili, lo mordono e lo dilaniano; si limitano invece a scacciare e ad inseguire coloro che si siano contaminati con atti di libidine“.
Questi cani – che custodivano il fuoco – vengono però descritti da altri Autori come statue d’oro e non come animali in carne ed ossa.

efestoLa cosa non è così certa, perché si narra che Efesto (Vulcano, nella mitologia romana) forgiasse, sì, nella sua fucina cani d’oro e d’argento, ma fosse anche in grado di infondere in loro la vita: una delle sue “sculture vive” più note fu il cane d’oro di Zeus, rubato da Pandareo ed affidato a Tantalo, che poi giurò di non averlo mai ricevuto perché voleva tenerselo per sè (al che Zeus si incazzò come una biscia, punendo severamente sia il ladro che lo spergiuro: ma questa è un’altra storia).
Il punto interessante sta nel fatto che questo cane d’oro viene descritto come dotato della proprietà magica di non lasciarsi mai sfuggire alcuna preda e di superarle tutte nella corsa… il che sarebbe riuscito probabilmente maluccio ad una statua.

Cirneco dell'Etna
Cirneco dell’Etna

Di qualsiasi cosa fossero fatti, e che fossero vivi o meno, i cani di Efesto sembrerebbero essere stati dei “normali” cirnechi: c’è invece il dubbio che fossero qualcosa di diverso i cani di Adranos, così descritti da Eliano (che fa riferimento ad un altro autore, Ninfodoro, vissuto nel V secolo a. C.):

“In Sicilia, come racconta Ninfodoro, c’è una città di nome Adrano, e in essa si trova un tempio, dedicato alla divinità indigena Adrano, che si dice essere assolutamente splendido e fastoso – Omissis – Ci sono cani sacri che rispettano e servono il dio, essi sono superiori ai cani molossi sia per la bellezza che per l’altezza, di numero non inferiore a mille. Essi durante il giorno accolgono festosamente e scodinzolando sia i pellegrini che gli indigeni che accedono al tempio e al bosco sacro; di notte invece essi accompagnano con grande benevolenza, come guide e scorte, quelli già ubriachi e coloro che non si reggono in piedi lungo il cammino, riconducendoli ciascuno alla propria casa. Invece puniscono, come è giusto, gli ubriachi empi. Li assalgono, strappano loro le vesti, e in tal modo li fanno rinsavire; mentre sbranano crudelmente coloro che provano a rubare gli abiti altrui”.

Simpatici cagnolini, decisamente: ma al di là del discorso “bellezza”, che è sicuramente soggettivo, un cirneco non può certamente essere considerato “più alto di un molosso”.
Di che razza di cani si trattava, dunque?

 

Podenco ibicenco
Podenco ibicenco

Poiché intorno al 200 a.C. c’erano già rapporti tra Sicilia e Spagna (nel senso che l’impero romano stava cercando di conquistarle tutte e due), potrebbe essersi trattato di Podenchi spagnoli: oppure avrebbero potuto essere Pharaon Hound, data la vicinanza della Sicilia con l’Africa.
Il cane dei Faraoni, da Standard, arriva a 63 cm. circa (contro i 50 del Cirneco, al quale per il resto somiglia moltissimo e del quale potrebbe essere stato il progenitore, anche se molti Autori considerano il Cirneco come una razza autoctona siciliana): ha quindi una taglia di tutto rispetto, che potrebbe giustificare la descrizione di Ninfodoro riportata da Eliano.

Pharaon Hound (Cane dei Faraoni)
Pharaon Hound (Cane dei Faraoni)

Se si fosse davvero trattato di Pharaon Hound, questi cani avrebbero avuto una connotazione sacra in due diverse culture: quella siciliana e quella egiziana. Sono stati loro, infatti, ad ispirare il mito di Anubi, il dio egizio che viene raffigurato con sembianze di cane (soprattutto nelle sculture) oppure con corpo umano e testa di cane o di sciacallo (soprattutto nelle raffigurazioni pittoriche).
Per gli antichi Egizi gli animali-dei erano due: Bastet, la dea gatta, rappresentava la vita, la fertilità e la felicità, mentre Anubi rappresentava la morte (inizialmente considerato proprio il “dio della morte”, con la nascita del culto di Osiride venne in qualche modo “declassato” a semplice guardiano dei morti).

AnubiLa sua figura rimase comunque sempre di grande rilevanza: non solo perché gli viene attribuita l’invenzione della mummificazione, importantissima nella cultura egizia (i sacerdoti egizi, quando procedevano a questo rito, indossavano proprio una maschera da cane, per impersonare Anubi), ma anche perché il dio-cane, stando al Libro dei Morti (un papiro egiziano ricco di formule e rituali magici), aveva l’incarico di pesare il cuore (o l’anima, secondo alcuni Autori) dei defunti, ponendolo sul piatto di una bilancia. Sull’altro piatto stava la piuma di Maat*, simbolo dell’ordine cosmico, ma anche di verità e giustizia.
Se il cuore risultava leggero come la piuma di Maat il defunto poteva raggiungere Osiride, dio dell’oltretomba, mentre i cuori più pesanti finivano in bocca alla dea Ammit, “colei che annienta i colpevoli”, rappresentata con testa di coccodrillo, zampe anteriori e tronco di leone e zampe posteriori di ippopotamo.

anubi_pesaNel Libro dei Morti è raffigurata tutta la psicostasia (ovvero la “procedura di accesso” all’aldilà) di Ramses VI: un tribunale divino di 42 giudici, presieduto da Osiride, assiste alla pesatura del cuore del re.
Anubi esegue la pesatura, il dio Thot (inventore della scrittura) prende nota del risultato… e Ammit aspetta bramosa, sperando che il cuore del faraone sia più pesante della piuma di Maat: ma resterà delusa, perché il cuore del faraone risulterà leggerissimo e Ramses verrà ammesso al regno di Osiride.
Anubi viene quasi sempre raffigurato come un cane nero, cosa abbastanza strana visto che il Pharaon Hound non esiste in questo colore: è marrone-rossiccio, con o senza macchie bianche. Probabilmente il colore nero ha un significato rituale, simboleggiando il nulla, le negazione (della vita), il colore degli inferi.

*Maat, inizialmente considerata un’entità autogeneratasi e venuta al mondo nello stesso istante della creazione (mentre più tardi venne identificata come figlia di Ra, il dio del sole), veniva raffigurata o come una donna alata con una piuma di struzzo sulla testa (simbolo di purezza e sincerità) o semplicemente come una piuma: la si trova incisa su molti sarcofagi, a protezione dell’anima del defunto.

fonte : VALERIA ROSSI