Dalla dote di Giunone al simbolo della purezza arance e miti
La dea Giunone portò in dote un alberello dai frutti d'oro. Era un alberello di arance
Tra le fatiche di Ercole, esattamente l'undicesima, ci fu quella di portare agli uomini questi frutti, sconfiggendo il drago che Giunone aveva messo a guardia del giardino.
Sempre a proposito di mitologia, l'arancio, inteso come pianta, è conosciuto anche come melarancio; i suoi fiori sono considerati simbolo di castità e infatti vengono utilizzati come addobbi floreali per i matrimoni per indicare la purezza della sposa.
Il profumo dei fiori d'arancio, che in passato evocava immagini sensuali, nel tempo si trasformò in simbolo di generosità, poiché dai fiori nascevano i gustosi frutti, ed infine in simbolo di purezza.
Tra le varie leggende e secondo il mito, l'Etna sarebbe la "casa" di illustri personaggi storici, o quantomeno dei loro fantasmi. La regina d'Inghilterra Elisabetta I, ad esempio, la cui anima sarebbe rinchiusa da secoli nel vulcano siciliano a causa di un patto che la sovrana stipulò col diavolo in cambio di aiuto per il suo regno.
Nel 1603 i diavoli gettarono la regina dentro il cratere dell'Etna e le cadde una pantofola.
Molto tempo dopo, un pastorello ritrova tale pantofola, la tocca e si brucia.
Chiamato un frate esorcista, la pantofola volò su una torre del castello di Maniace, aBronte.
Nel 1799 il castello fu donato dai Borbone all'ammiraglio inglese Orazio Nelson, durante una festa da ballo a Palermo.
In quell'occasione una dama misteriosa, si dice il fantasma della regina Elisabetta, donò a Nelson un cofanetto contenente la fatidica pantofola e gli raccomandò di non farla mai vedere a nessuno; ma l'amante dell'ammiraglio, Emma Hamilton, riesce a trafugarla. La stessa notte l'ammiraglio vede in sogno la misteriosa dama che gli ricorda che ha perso tutta la sua fortuna e pochi giorni dopo Nelson muore nella battaglia di Trafalgar, il 21 ottobre 1805.
O ancora Re Artù che, gravemente ferito in battaglia, si rifugiò dentro l'Etna, dove vivrebbe tuttora.
Eolo, per esempio, si narra che tenesse imprigionati i suoi venti sotto le caverne dell'Etna.
Tifone fu confinato nell'Etna e fu motivo di eruzioni continue.
Un altro gigante, Encelado, si ribellò contro gli Olimpi e per questo motivo venne ucciso e bruciato nell'Etna.
Efesto, Vulcano per i Romani, figlio di Giove e di Giunone, fratello di Marte, e dio del fuoco, veniva invocato, nelle cerimonie del suo culto, sotto l'epiteto di Mùlciber, fonditore di metalli. La leggenda, che lo raffigurava deforme racconta che, quando Giove lo vide così brutto, con un calcio lo scaraventò giù dal cielo, nell'isola di Lenno, dove egli impiantò la sua fucina e cominciò a fabbricare fulmini per il padre, nonostante lo avesse azzoppato.
Siccome la fornitura dei fulmini comportava molto lavoro, Vulcano impiantò altre fucine, la più importante su
ll'Etna, lavorando a servizio di tutti gli dei. Dopo essere stato cacciato dal cielo, Vulcano vi sarebbe tornato solo per d
onare un trono alla madre Giunone che, per non essersi mai curata di lui e della disgrazia in cui era caduto, appena si sedette, non riuscì più ad alzarsi. Giove allora fece chiamare il figlio che però non si mosse finché Bacco, andato a riprenderlo, lo ricondusse stabilmente in cielo. Solo allora Giunone riuscì a rimettersi in piedi.
Gli antichi collocavano anche il Tartaro sotto la montagna.
Di Empedocle, si disse che si era gettato nel cratere del vulcano, anche se, in realtà, sembra sia morto in Grecia.
Agrumeto siciliano con arance rosse siciliane Rosaria
La Piana di Catania è particolarmente vocata alla coltivazione di agrumi, soprattutto arance
fonte: https://www.aranciarosaria.eu/