A Palermo circola una leggenda popolare a metà strada tra storia e folklore...
A Palermo, in uno dei quartieri più antichi e popolari della città, sorge uno dei monumenti più importanti del capoluogo siciliano: il Palazzo della Zisa (dall’arabo Al-Aziza ovvero “la splendida”), una residenza fortemente voluta da Guglielmo I e che lo storico Michele Amari spiega così nella sua Storia dei Musulmani di Sicilia:
Guglielmo ... rivaleggiando col padre ... si mosse a fabbricare tal palagio che fosse più splendido e sontuoso di que' lasciatigli da Ruggiero. Il nuovo edifizio fu murato in brevissimo tempo con grande spesa e postogli il nome di al-Azîz, che in bocche italiane diventò «la Zisa» e così diciamo fin oggi.
Cominciato nel 1165, sotto Guglielmo I, fu portato a termine dal suo successore, Guglielmo II intorno al 1175 e fu inizialmente concepito come residenza estiva dei re. Per tale motivo, i progettisti idearono una costruzione che potesse affrontare l’afa dei mesi più caldi dell’anno, ricorrendo a vari espedienti, il primo fra tutti l’esposizione a nord-est, verso il mare, per godere delle brezze notturne che arrivavano all’interno del palazzo grazie a tre grandi fornici posti sulla facciata e dalla grande finestra belvedere del piano alto.
L’estro dei progettisti, però, non si fermò a questo e all’interno della Sala della Fontana fu collocata una fonte costante di acqua corrente che permetteva a questi venti di venire inumiditi, mantenendo una grande sensazione di frescura.
Per concludere la loro opera, i progettisti previdero infine di far circolare l’aria fresca attraverso dei fori posti sul pavimento a ogni livello e attraverso un sistema di canne poste nelle torri laterali, in modo tale da creare una sorta di moderno impianto di aria condizionata che manteneva fresco tutto il palazzo, sfruttando i flussi d’aria naturali.
Alle correnti d’aria generate da questo rudimentale ma efficace sistema di areazione, è legata la leggenda dei Diavoli della Zisa, un racconto popolare secondo cui quando a Palermo soffia un vento molto intenso, ciò è dovuto all’uscita di questi diavoletti dal palazzo che porterebbero con sé l’aria fresca "conservata" dentro il palazzo.
Secondo la tradizione popolare, tutto avrebbe origine da un dipinto posto proprio nella Sala della Fontana, in cui sono raffigurati alcuni Dei dell’Olimpo (al centro Giove e intorno Nettuno con il suo tridente, Plutone, Giunone, Mercurio, Vulcano, Venere, Marte e altri), considerati i custodi di un immenso tesoro fatto di monete d’oro che sarebbe nascosto dentro il palazzo.
Il tesoro sarebbe arrivato a Palermo per mano di due giovani amanti, Azel Comel e El-Aziz, costretti a scappare dopo che il sultano, padre della ragazza, si era opposto alle nozze. Arrivati nel capoluogo siciliano, Azel aveva chiamato i migliori costruttori per erigere il palazzo della Zisa, ma quando gli era arrivata la notizia del suicidio della madre di El-Aziz a causa della loro fuga, i due amanti erano morti a breve distanza l’uno dall’altro, non prima però di aver fatto un incantesimo sul loro tesoro, affidandone la protezione ai diavoletti dipinti sulla volta della Sala della Fontana.
Per svolgere il loro importante compito, questi diavoli spesso si mescolerebbero tra loro per impedire di essere contati (e di conseguenza di rompere l’incantesimo che protegge il tesoro). Ciò avverrebbe in particolare il 25 marzo, giorno dell’Annunziata, quando fissandoli a lungo si avrebbe l’impressione che comincino a muovere la coda e a storcere la bocca.
In proposito, lo storico Giuseppe Pitrè scrisse:
“La difficoltà di contare esattamente i diavoli della Zisa è data dal fatto che alcune delle figure sono molto piccole e altre non intere, così c’è chi li conta e chi no”.
Ma nei secoli, come spesso avviene, l’illusione si è trasformata sempre di più in credenza e le raffigurazioni mitologiche sono entrate nel mito come "diaboliche".
La leggenda palermitana dei diavoli della Zisa ha influenzato perfino il linguaggio della città, come dimostra il celebre modo di dire popolare “E chi su, li diavoli di la Zisa?” ("E cosa sono? I diavoli della Zisa?") per indicare una circostanza in cui non tornano i conti.
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