Lost Princess

Lost Princess
La notte tra il 16 e il 17 Luglio 1918 è l’ultima per i Romanov.
L’ex Zar Nicola- deposto dai Bolscevichi- è ormai da un anno agli arresti domiciliari ad Ekaterinburg, in Siberia.
Con lui ci sono il medico ufficiale della famiglia imperiale, il cuoco, un inserviente ed una dama di compagnia ma soprattutto, con lui ci sono sua moglie Alexandra ed i loro cinque giovani figli: Ol'ga, Tat'jana, Marija, Anastasija, Aleksej. Quest’ultimo soffre di emofilia e la sua salute cagionevole è stata messa a dura prova dalla lunga prigionia: suo padre deve prenderlo in braccio quando, a mezzanotte, all’intera famiglia è ordinato di alzarsi e spostarsi al pianterreno. Presto saranno trasferiti, perché quella fredda casa sperduta non è più un posto sicuro. Questo viene detto agli spaventati prigionieri, mentre scendono a pianterreno. Entrati in un’angusta stanza, vengono disposti come per una fotografia. Una fotografia che dovrebbe testimoniare ai nemici della Rivoluzione che la famiglia imperiale è ancora viva.
La zarina allora chiede ed ottiene due sedie, una per sé e l’altra per il piccolo e sofferente Aleksej. Quando sono tutti ordinatamente disposti e pronti per posare davanti all’obiettivo, il comandante Jurovskij spiega loro la verità. Non verrà scattata alcuna fotografia: i Romanov sono stati raggruppati lì per essere uccisi. Il rischio che i sostenitori dello Zar ( i cosidetti "bianchi") giungano a liberare la famiglia imperiale e' altissimo, pertanto i Romanov vanno eliminati o la Rivoluzione potrebbe fallire.
E' questione di pochi attimi. Gli uomini del comandante Jurovskij sanno gia' cosa fare: ognuno sparera' ad un membro della della famiglia, dritto al cuore.
La zarina e sua figlia Olga non hanno neppure il tempo di farsi il segno della croce che partono i colpi. Le cose pero', non vanno esattamente come gli uomini della Rivoluzione hanno previsto: le donne Romanov hanno cucito all'interno dei loro corsetti pietre preziose e gioielli, per proteggerli dai furti e poterli usare per sopravvivere all'estero, nel caso la famiglia fosse riuscita a sopravvivere all'estero.

 

I soldati della Rivoluzione non sanno nulla di quei gioielli e si stupiscono di dover usare l'intero caricatore per "finire" le ragazze Romanov ma ancor di piu' si meravigliano quando realizzano che due delle ragazze- di cui una e' forse Anastasia- sono ancora in vita dopo l'esecuzione. Occorre finirle a colpi di baionetta perche', finalmente, smettano di urlare.
I Bolscevichi inizialmente, rivelano che il solo Zar e' stato ucciso mentre il resto della famiglia e' in un luogo sicuro. Il tentativo di nascondere la triste sorte del resto della famiglia e' destinato a fallire. Tuttavia, il mancato ritrovamento dei cadaveri (solo nel 1991, con la caduta del comunismo, verranno portati all luce i poveri resti dei Romanov), la difficolta' dei proiettili di penetrare in corpetti di gemme e pietre preziose, il divieto assoluto imposto dal comunismo di nominare la famiglia reale, contribuiranno ad alimentare la leggenda secondo la quale non tutti i Romanov avevano perso la vita quella notte. Certo, delle primissime indagini condotte dagli zaristi mel 1919 hanno rinvento nella casa-prigione di Ekaterimburg fori di proiettile e macchie di sangue: il sospetto che siano stati tutti trucidati e' fortissimo ma, in assenza di cadaveri, molti proveranno ad impersonare i giovani eredi Romanov e addirittura lo Zar. Tutti costoro verranno "smascherati" e additati come impostori. Ma una donna, una donna giovane e fragile, instillera' il seme del dubbio mantenendolo vivo per tutta la sua esistenza. Questa donna fa il suo esordio nella storia mondiale in modo drammaticamente triste: una sera del Febbraio 1920 questa donna- che ha circa vent'anni- decide di farla finita. Si getta da un ponte berlinese, cadendo nel canale Landwehr. Un soldato gentile si tuffa e la riporta a riva. Le viene chiesto il nome ma la ragazza sembra confusa e disorientata: non sa dire nulla di se', non sa da dove viene. "Ubenkant", ovvero "sconosciuta": e' cosi' che la chiamano, nell'ospedale psichiatrico in cui la ricoverano.
Il corpo della ragazza presenta diverse cicatrici che raccontano d'un passato burrascoso. Lei pero' non racconta nulla, parla poco (e il suo tedesco ha un marcato accento dell' Est europeo) e piuttosto che comunicare con il mondo esterno preferisce guardare il muro. Ma il muro di silenzio che avvolge la sconosciuta e' abbattuto da un'altra internata: si chiama Clara Peuthert ed e' appassionata di famiglie reali. Clara si convince che quella bella sconosciuta dai modi alteri e' una Romanov, forse Tatiana.
Clara e' cosi' convinta della scoperta che, una volta terminate le cure e lasciato l'ospedale, si attiva per allertare gli esuli russi che hanno riparato in Germania per sfuggire al regime comunista: devono andare a trovare la principessa Romanov perduta! E in effetti, l' invito di Clara viene raccolto: si reca al capezzale della sconosciuta persino Isa, la dama di compagnia della zarina. La donna pero' e' perplessa mentre assai convinta e' un'amica dei Romanov, Zinaida Tolstoii: lei crede che quella sconosciuta sia una Romanov, ha i loro occhi. E la sconoscouta, dopo mesi di silenzio ostinato, finalmente ammette: e' Anastasia, e' la Granduchessa perduta.
Dopo questa rivelazione sconvolgente, la ragazza non dice molto altro e si rifiuta di parlare russo. Nel 1922, una volta uscita dall'ospedale psichiatrico, le viene dato.il nome di Anna Andersone e viene accolta nella casa di tale barone Von Kleist. Quest'ultimo non si limita solo a darle ospitalita' ma la mostra anche al bel mondo berlinese, che si reca in visita per "ammirare" la sedicente granduchessa. Quest'ultima- che ora si chiama ufficialmente Anna- non e' certo felice di essere mostrata al mondo. I suoi problemi e le sue difficolta' comunicative non sono stati superati e una volta, in occasione di una festa, la giovane Anna ha una grave crisi nervosa. Per calmarla, e' necessario darle della morfina che produce sulla ritrosa e chiusa Anna uno strano effetto: per la prima volta la ragazza si apre e racconta di quella terribile notte di Luglio, in cui i bolscevichi decisero di porre fine alla vita dello Zar e della sua famiglia. La pioggia di proiettili era stata terribile e non aveva lasciato scampo ma lei, Anna- Anastasia, si era salvata perche' il corpo di una delle sue sorelle maggiori l'aveva protetta. L'allora diciassettenne si era risvegliata tra i cadaveri dei suoi, su una camionetta che avrebbe dovuto portare i corpi nel luogo della loro sepoltura. A causa del fango, la camionetta s'era bloccata e in quel momento di empasse totale il soldato rosso Alexander Tsaichovskii si rende conto che la giovane Granduchessa e' viva e la nasconde nella sua fattoria.
Ovviamente la ragazza deve espatriare e comincia cosi la fuga verso Bucarest della famiglia di Alexander e della giovane principessina, i cui gioielli cuciti nel vestito consentono al piccolo gruppo di sopravvivere. Nel frattempo, Anna-Anastasia ha subito violenza da Alexander, ha avuto un figlio nel 1919 ed e' stata costretta a sposare l'ex soldato rosso. Il matrimonio pero', dura poco: Alexander viene ucciso mentre cerca di vendere gli ultimi gioielli di Anna-Anastasia. Vedova e senza risorse, la ragazza lascia il figlio in istituto e viene soccorsa da Sergei, fratello di Alexander, che la porta a Berlino per farle incontrare sua zia Irene di Prussia. E' il Febbraio 1920. Sergei scompare, misteriosamente, lasciando l'ex Principessina Romanov da sola, spaventata, in una citta' che non conosce. E' allora che la ragazza tenta il suicidio gettandosi nel canale, venendo poi salvata.
Questo dunque il racconto di Anna Anderson, al secolo Anastasia. La giovane, dopo essersi finalmente raccontata, cambia dimora: l'ispettore di polizia Grunberg l'accoglie in casa sua ma, senza dirglielo, le organizza un incontro con la zia Irene di Prussia. Ma il riconoscimento sperato non avviene: la nobildonna non e' affatto sicura di trovarsi si fronte alla nipote per cui la storia di Anna Anderson resta ancora in attesa di conferme. Dal canto suo Anna-Anastasia continua a rifiutare di parlare russo ed e' poco collaborativa con coloro che sarebbero disposti ad ascoltarla. Il suo comportamento bizzarro le fa perdere dunque appoggi che potrebbero essere preziosi. Nemmeno i parenti Romanov superstiti le danno sostegno: inizialmente una cugina di secondo grado, Xenia, una cugina di secondo grado di Anastastia, la riconosce e trascorre qualche tempo con lei a New York. Successivamente, Xenia aderira' ad un documento congiunto dei Romanov sopravvissuti alla Rivoluzione, in cui essi dichiarano che la donna che asserisce di essere la Granduchessa Anastasia non ha niente a che fare con la loro famiglia.
Anna Anderson- la sedicente principessa Romanov-decide di ricorrere dunque alle vie legali: vuole essere ufficialmente riconosciuta come Anastasia Romanova e veder rispettati i suoi diritti di erede. Nel 1938 a Berlino avra' inizio una delle piu' lunghe e tribolate cause legali tedesche, con decine di testimoni di ambo le parti. Non mancheranno i colpi di scena, come la testimonianza di tale Doris Wingender che riconos e in Anna Anderson non una zarina bensì un'operaia polacca con problemi mentali, di nome Franziska Schanzkowska. D'altro canto, ci sono somiglianze somatiche forti e sorprendenti tra Anna Anderson e Anastasia: la forma dell' orecchio, la deformita' ossea di un piede, alcune cicatrici. Un perito definira' tale somiglianza sorprendente. Il processo viene interrotto a causa dello scoppio del II conflitto mondiale e riprendera' dopo la fine della guerra. Nel frattempo Anna Anderson si e' trasferita nella Foresta Nera: solitaria, chiusa, eccentrica, Anna e' diventata popolarissima grazie al film sulla sua storia che ha per protagonista nientemeno che Ingrid Bergman. I giornalisti vogliono intervistare quella strana donna che vive nella Foresta Nera, vogliono riascoltare il racconto di Anastasia.
Nel 1968, Anna Anderson convola a nozze con John Manahan, un eccentrico professore di storia, e si trasferisce con lui a Charlottesville, in Virginia. Due anni più tardi arriva finalmente la sentenza della lunghissima battaglia legale di Anna-Anastasia: non è stato possibile dimostrare che Anna Anderson sia la Principessa Romanov ma neppure che non lo sia. Una sentenza che sembra lasciare aperte le porte del mistero e non è soddisfacente per nessuno in quanto non chiude questa tribolata vicenda in maniera definitiva.
Anna Anderson muore nel 1984, a quasi 83 anni. Una signora anziana e malandata, circondata da gatti ed erbacce e da vicini che protestano per l’incuria della sua casa.
Anna Anderson muore, senza avere una risposta conclusiva dalla giustizia.
Ciò non significa che le ricerche sulla fine dei Romanov non siano continuate.
Già alla fine degli anni Settanta, un cineasta  e scrittore russo- Geli Ryabov- sfrutta la sua esperienza di ex poliziotto per investigare sui sanguinosi fatti di quel Luglio 1918. Riesce a trovare il figlio di Jurovskij, l’uomo che aveva coordinato l’eccidio della famiglia imperiale. Nel rapporto sull’omicidio dei Romanov si parla di sepoltura e si indica un luogo, a circa venti kilometri da Ekaterinburg, in cui i corpi sarebbero stati sepolti. Nel rapporto però, si parla anche delle difficoltà dell’operazione: caricati gli undici corpi su una camionetta, quest’ultima si diresse verso il bosco di Koptjaki ma  a metà strada si impantanò. A quel punto, si decise di sbarazzarsi di due corpi e tentare di disincagliare il veicolo. I corpi prescelti per una frettolosa cremazione furono quello dell’erede al trono- il tredicenne Aleksej- e di una donna, probabilmente Anastasia o Maria. Terminata questa operazione, si riuscì a far ripartire il camion e a giungere in un punto del bosco di Koptjaki in cui c’era una cava, che servì per occultare i rimanenti nove corpi dopo che furono spogliati e smembrati. Operazione questa non affatto facile, poiché i soldati rossi scoprirono i gioielli cuciti nei corpetti delle donne Romanov e solo sotto minaccia non li sottrassero e portarono a termine il loro compito.
Nonostante il rapporto Jurovskij, i corpi dei Romanov non vengono riesumati. Solo con la fine del comunismo e la nascita della Repubblica russa nel 1991, il Presidente Boris Elstin decide che è giunto il momento di fare i conti con quella ingiusta esecuzione di innocenti. Si procede alla ricerca e alla riesumazione dei poveri resti della famiglia imperiale  e vengono effettuati gli studi necessari per procedere ad una corretta identificazione.
Dopo due anni di indagini, si afferma che di quei nove corpi cinque appartengono alla famiglia imperiale e sembrano mancare all’appello i membri più giovani di essa, ovvero Anastasia ed il fratellino Aleksej.
Sempre negli anni Novanta, dei sostenitori di Anna Anderson promuovono nuove indagini su resti di tessuto della donna, affinchè questi vengano confrontati con quelli dei Romanov da poco rinvenuti ma anche con un discendente di Franziska Schanzkowska, l’operaia polacca con cui la Anderson era stata identificata da una testimone.
Ebbene, i test non ottengono i risultati sperati dagli amici della Anderson in quanto dimostrano che non vi è legame genetico con i Romanov mentre invece un tratto genetico collega i resti della Anderson al nipote della Schanzkowska: i sostenitori di Anna Anderson hanno rifiutato i test.
 
Nel 2007 il cerchio si chiude, col triste ritrovamento degli altri due corpi mancanti: esperti forensi americani condurranno un importante indagine genetica- ripresa anche dai media- dimostrando il legame genetico tra i due nuovi corpi ed i resti riesumati nel ’91.
 
La “favola” di Anastasia, la sua storia fatta di coraggio, sopravvivenza e mille peripezie, d'un tratto si spezza, contro le provette da laboratorio. 
 
Di seguito una parte documentario "Finding Anastasia", che segue gli scienziati americani nella loro missione di identificare i resti degli ultimi due Romanov ritrovati nel 2007 e ricostruire le loro ultime ore.

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Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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