Di chi stiamo parlando? Di Monsieur Chouchani (o Shushani), uno degli uomini più misteriosi che sia mai esistito. Questo non è il suo vero nome ma un soprannome e perfino la sua origine è ignota.
Chouchani è apparso per la prima volta a Parigi subito dopo la seconda guerra mondiale. Gettato sulla terra esattamente in quell’epoca e in quel luogo, non ha lasciato passato dietro di sé. Chiunque abbia provato a far luce sulle sue generalità o sulla sua biografia ha fallito.
Le testimonianze sulla sua persona arrivano dai quattro angoli del mondo: India, Palestina, Marocco, America. Era ovunque.
Si presentava come un barbone e offriva lezioni di Talmud in cambio di ospitalità. Puzzava terribilmente e indossava sempre gli stessi abiti, d’estate e d’inverno. Molte persone che l’hanno conosciuto utilizzano questo aggettivo per descriverlo: repellente. Pare che questo suo modo di presentarsi non fosse dovuto alla necessità, ma piuttosto frutto di una scelta. Elie Wiesel, nell’intervista rilasciata a Salomon Malka nel libro Monsieur Chouchani: L’enigme d’un maitre du XXe siecle dichiara: “negli anni ’20, pare, è stato immensamente ricco […] Visitò l’America, investi molti soldi in borsa, guadagnò una fortuna”.
Alla puzza e agli abiti logori, bisogna aggiungere il suo carattere. I suoi modi erano dissacranti e cinici. Collerico e polemico, Chouchani amava essere ingombrante.
Fin qua può sembrare una storia normale. La storia di un vagabondo dal pessimo carattere che bussava in cerca di un pasto caldo ed un letto. Ma non è così.
Nessuno l’ha mai visto consultare un libro e tuttavia poteva tenere lezioni universitarie (e l’ha fatto) di fisica, matematica, economia e filosofia. Eccelso maestro di esegesi, pare che Chouchani conoscesse non solo il Talmud e i relativi commentari, ma anche tutto ciò che era stato scritto successivamente da laici e cristiani. Una memoria fotografica incontenibile. Sempre Elie Wiesel nel testo sopra citato dichiara: “tutto ciò che conoscevo, lui lo conosceva meglio di me. Conosceva Bergson a memoria. Conosceva i romanzi di Kafka. Platone e naturalmente Socrate. Non parliamo poi di Maimonide”. Ma le sue doti non si limitavano a questa memoria ai limiti dell’umano. Ciò che più colpisce era la sua acutezza, la sua intelligenza. Oltre alla memoria fotografica era presente in Chouchani anche un’intelligenza creativa, capace di giudizi spiazzanti e illuminanti.
Per finire, padroneggiava più di 70 (s-e-t-t-a-n-t-a) lingue. Ciò rendeva pressoché impossibile capire dove fosse nato e vissuto.
Fra i suoi allievi più celebri c’è Emmanuel Lévinas uno dei maggiori filosofi del ‘900 che su di lui dichiara: “Incontrarlo era come entrare in contatto con un genio nel senso assoluto della parola; era un uomo che poteva tenere insieme un numero molto vasto di idee senza essere soggetto alla costrizione di condurle a un esito conclusivo. Era come se il Talmud fosse presente dentro di lui, incorporato, vivente”. E ancora: “Tutto quello che io so, lo sa anche Chouchani. Quel che sa lui io non lo so”. Questa non è la storia di un vagabondo. E’ la storia di un genio il cui intelletto procedeva temerario sul limite delle capacità umane.
La sua vita, la sua morte, la sua persona rimangono avvolte nel mistero. Non ha lasciato nessun manoscritto, nessuna traccia se non nella memoria di chi l’ha incontrato.
Un profeta errante che è ha turbato e cambiato la vita di chi ha avuto la fortuna (o la sfortuna) di incontrarlo. Vestito di cenci si approssimava a Dio nella sapienza, fra miseria e santità.
E’ morto in Uruguay, a Montevideo. La sua lapide, pagata e incisa da Elie Wiesel recita: “Il savio maestro Chouchani di benedetta memoria. La sua nascita e la sua vita sono chiuse in un enigma”.
Inserito da Cristina Genna Blogger
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