Vittorio Veneto: cosa sono quei misteriosi boati che arrivano dalle viscere delle terra?

Vittorio Veneto: cosa sono quei misteriosi boati che arrivano dalle viscere delle terra?

Nella Val Lapisina, la vallata che lungo l’ossatura dell’Alemagna si incunea tra le Prealpi, mettendo in comunicazione l’Alta Marca con l’Alpago, attraverso il valico di Sella di Fadalto, in una zona dove il silenzio regna sovrano, tra monti, prati e neve, da alcuni giorni la popolazione sente dal sottosuolo degli strani boati. La protezione civile e i geologi rassicurano, non è un terremoto. Ma la terra brontola quasi seccata. Mentre qualcuno grida al mistero altri tornano ad una tragedia di quasi cinquant’anni fa mai dimenticata. Quella del Vajont.

di CLAUDIA MIGLIORE

Il silenzio. Abituarsi a conviverci per chi viene da una grande città non è sempre facile. Il silenzio per i cittadini rimbomba. Fa rumore. Ma per chi è nato in quei luoghi, tra le alpi e le prealpi, tra i monti sonnacchiosi, in paesaggi quasi da favola, il silenzio è una certezza, come la morte.
Sarà per questo che alcune popolazioni della Sella di Fadalto, che collega la Val Lapisina (comune di Vittorio Veneto) all’Alpago (comune di Farra d’Alpago),  da qualche giorno sono allarmate, molto allarmate. Perché quel silenzio a cui sono abituate da sempre è stato rotto da boati sotterranei, profondi ma che arrivano fino alle case, fino a far tremare i vetri. Come se la terra avesse qualcosa da dire, come se protestasse contro qualcosa o contro qualcuno. Come se avvisasse qualcuno.

Anche il sindaco di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, il comune forse più grande della valle denuncia la sua preoccupazione. I rumori non sono superficiali ma profondi, non possono essere frutto di botti o petardi ma di qualcosa che accade nel sottosuolo.
Intanto qualche giorno fa intorno alle 19 è successo di nuovo e la gente della valle sotto il monte Fadalto si è riversata nelle strade chiamando i vigili del fuoco.
La gente ha paura. Perché quando il silenzio viene rotto in una vallata dove i paesi sono piccoli come spilli e assiepati sotto le montagne, ogni brontolio crea panico, terrore, ansia. Perché le disgrazie ti segnano per la vita e la mente e la memoria corrono veloci. Corrono a 50 anni fa, a 25 milioni di metri cubi d’acqua crollati con tutta la loro forza sulle case e sulla gente, alle oltre 2000 vittime rimaste sepolte, alla metà di queste che non fu mai riconosciuta. Corre veloce la memoria alla catastrofe del Vajont. Una delle tante che poteva essere evitata.
50 km circa è la distanza che separa i paesi della Valle Lapisina dal Vajont. 50 km e 50 anni di storia e di memoria indelebile. Ma sono tanti invece i punti che li uniscono, così tanti da far quasi paura, così tanti da giustificare l’ansia, il fermento, l’intervento del Sindaco di Vittorio Veneto.

La diga di Santa Croce e il Vajont. Tante similitudini da far paura
Buona parte dei paesini interessati dai boati sorge alle falde del lago Santa Croce. Il lago ha una capacità idrica di circa 120 milioni di metri cubi, sbarrato a nord da una diga che ne alza il livello a 386 m. Una diga di circa 2 km di lunghezza e oltre 10 metri di altezza. Una diga, anche qui. La diga di Bastia.

Dal 2004 intorno al lago incidono 7 centrali idroelettriche per una potenza efficiente totale pari a 338,4 MW (milioni di watt) con una produzione media annua totale pari a 1029,1 GWh (giga watt ora). La più antica di queste risale al 1913 realizzata su iniziativa della Società Italiana per l’Utilizzazione delle Forze Idrauliche del Veneto, comunemente nota come Società “Cellina”, più tardi assorbita dalla SADE – Società Adriatica di Elettricità. La SADE viene fondata da Giuseppe Volpi nel 1905 per la costruzione e l’esercizio di impianti per la generazione, trasmissione e la distribuzione di energia elettrica in Italia e all’estero. Ed è questo che fa la SADE, oltre a costruire e far costruire dighe. La SADE costruisce anche la diga di Bastia sul lago di Santa Croce. La SADE si occupa della sua manutenzione negli anni trenta ad opera di uno dei suoi ing. Carlo Semenza. Lo stesso ingegnere che più o meno nello stesso periodo individua nella zona del torrente Vajont il luogo adatto alla costruzione di una diga. Già perché la SADE è anche proprietaria della diga del Vajont che venderà poi all’ENEL a tempo debito.

Sono tanti i punti in comune, forse troppi. Magari la diga non è alla stessa altezza, magari il lago di Santa Croce non desta particolari preoccupazioni durante le piene ma se prima della catastrofe del 9 ottobre 1963 la gente della zona intorno al Vajont udiva chiaramente boati provenienti dalla montagna, magari qualche controllo in più oggi per lo stesso fenomeno andrebbe fatto. Magari la gente che è stata privata di quel meraviglioso silenzio andrebbe lasciata parlare e ascoltata.

Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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